Razzismo Letterario

fantasybooks_001Vi avverto subito: questo sarà un post di sfogo. Sfogo di cosa? Sulla letteratura fantasy. Oggi mi sono imbattuto nell’ennesimo sito/blog che accusa la letteratura di genere di rivolgersi prevalentemente ai bambini. Non vi lascio l’indirizzo perché secondo me neppure merita menzione, ma non potevo fare a meno di parlarne.

Quando ho scritto “Il silenzio di Lenth” sapevo che sarebbe stato recepito come “romanzetto per bambini”. Che poi abbia avuto fortuna e sia uscito in una collana per “young adult”, è tutta un’altra storia. Prendiamo la Troisi ad esempio. Ieri sono andato a vederla e sono rimasto affascinato, di nuovo, dal suo modo di ipnotizzare la platea. Una platea composta da bambini, ragazzi e adulti. Adulti, appunto. Ce n’erano davvero molti e hanno rivolto domande che definire interessanti è dire poco.

In base al sito di cui vi parlavo, queste persone non dovrebbero esistere. Il fantasy dopotutto si rivolge ai bambini o ai ragazzetti ormonosi, giusto? Scemate. Non nego che ci siano romanzi scritti con l’intento di rivolgersi a quel determinato pubblico, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: alcuni scrittori sudano sulle pagine che scrivono, si spremono le meningi per mettere su carta una storia interessante e personaggi credibili.

Non parlo di me in questo caso perché non so e non voglio giudicarmi (sarebbe impossibile), ma di autori come Andrea D’Angelo, Michele Giannone e via dicendo. A loro chi ci pensa? E’ difficile catalogarli quindi perché non ignorarli del tutto? Questo ragionamento è inutile, senza scopo, evitabile. Basta andare fuori dall’Italia per rendersi conto che le cose vengono prese diversamente.

Legittimiamo il fantasy per favore, non releghiamolo in un cantuccio con pane e acqua. Bandiamo i suoi carcerieri, facciamo qualcosa per evitare che questo modo di pensare prenda piede. Chi scrive fantasy ha la stessa importanza di chi scrive romanzetti pseudo-impegnati sulla scia del momento. Persino Moccia viene preso più seriamente (e badate bene, nulla da dire sulle sue storie, ma il modo in cui scrive mi entusiasma davvero poco).

Quindi basta. Basta con i discorsi classisti, basta con questo “razzismo letterario”.  Nel fantasy ci sono opere decenti e opere indecenti, come in tutti i generi. Peccato però che alcune opere indecenti, appartenenti ad altri generi, vincano il premio strega e il fantasy sia tenuto in disparte. Bah!

PS: Vi lascio il link dell’associazione che ha organizzato l’evento di ieri, con Licia Troisi. Splendide persone e una gran voglia di fare: Nuova Acropoli

58 Comments

  1. IL SILENZIO DI LENTH
    è vero alcuni personaggi sono stati massacrati, (ci sono rimasto malissimo per lea), il libro è molto bello (dove è ambientata la prima parte?), il mio personaggio preferito è crysta, l’unica cosa è che i viaggi vengono descritti troppo velocemente per il resto il libro è bellissimo!!!
    voto: 4/5

    PS: attento ti ho messo trai miei autori preferiti insieme a Licia Troisi 🙂

  2. Grazie Vincenzo! Assieme a Licia poi, fantastico =)

    Sulla prima parte non posso dire nulla, è la chiave dell’intera trilogia =P

  3. Su FB ho espresso il mio parere, che provo a sintetizza qui: possiamo davvero stupirci che la massa in Italia percepisca il fantasy come un genere per lo più da ragazzi quando i grossi editori nostrani, nel trattare gli autori italiani, investono soprattutto sul segmento rivolto ai più giovani?
    In sostanza, sono proprio tali editori a foraggiare il pregiudizio (benché non capisca la loro politica nel momento in cui, trattando opere internazionali, si rivolgono anche a un fantasy più ‘adulto’… boh!).
    Ora, ci sarebbe da capire cosa vuole dire fantasy ‘adulto’ o meno. Un buon fantasy per ragazzi (un buon LIBRO per ragazzi) è fruibile a tutte le età. E un fantasy adulto (ovvero qualcosa che per temi e stile e personaggi sia stato prodotto senza filtri particolari attagliati sull’età del target) può essere apprezzato anche dai più giovani, i quali magari non ne coglieranno tutte le sfumature. Ci sono limiti in proposito: non farei leggere il mio Lothar a un bambino.
    D’altra parte, anche il singolo autore ha il suo ruolo nel meccanismo. Se lo scrittore PincoPalla decide deliberatamente di puntare su un pubblico giovane, ricorrendo a personaggi ad esempio adolescenti in cui il lettore possa identificarsi, raccontando storie che possano interessargli (che sò, un amore o un’amicizia adolescnziali piuttosto che fra adulti o magari tra persone anziane… o un rapporto figlio-genitore raccontato con gli occhi del giovane figlio), edulcorando alcuni passaggi narrativi o il linguaggio dei protagonisti (avete mai letto un libro per ragazzi infarcito di volgarità… io per fortuna no!)… se fa tutto questo, dicevo, non potrà poi lamentarsi se il suo tomo verrà giudicato per quello che è (niente di male a scrivere narrativa giovane, sia ben chiaro). Soprattutto se da quel target proverrà la maggior parte del suo successo.
    Ora, Luca, da quanto ho capito tu non ti sei posto il problema di scrivere più o meno ‘giovane’ nella stesura del tuo Lenth (o sì? correggimi se sbaglio!). Hai scritto ciò che sentivi, stop (per quanto l’età in cui scriviamo non è ovviamente avulsa da quanto produciamo). D’altra parte, il tuo editore ha inquadrato l’opera in una collana esplicitamente ‘young-adult’ (ed è stata la prima volta in assoluto che s’è affacciato al fantasy, almeno quello italiano). Le etichette inducono al pregiudizio, lo dico dal lato dell’autore, ma le etichette sono quelle che spingono a vendere puntando su una categoria specifica di clientela, e questo lo dico dal lato di chi fa marketing.
    Cosa cerco di concludere? Che per sdoganare il genere ad ampio spettro, gli editori dovrebbero finirla di finanziare un sotto-genere (target) rispetto all’altro e proporci un’offerta buona per i piccini, i meno piccini, i grandicelli e i più attempati, lasciandoci poi scegliere, da lettori, dove andare a parare.
    A noi autori non resta che scrivere, certo, sperando di essere giudicati a priori per quello che (più o meno) siamo e, a posteriori, per quello che scriviamo.
    Pia illusione? Che ci costa coltivarla? 😉

    Un saluto,
    Marco.

  4. E’ vero, il problema è a monte. Hai detto bene, quando ho scritto Il silenzio di Lenth non ho pensato ad un target in particolare. Volevo solo raccontare una storia, inserendo vari livelli di lettura. L’etichetta “Young Adult” è stata decisa in seguito, a romanzo concluso. Però cosa rende un romanzo Young? E cosa Adult? E cosa Young Adult? Non esistono criteri oggettivi e sarebbe da folli volerli formalizzare.

    Tutti i generi alla fine soffrono del “problema dell’etichetta”, una nomea e un pregiudizio che sono difficili da vincere. Ma il fantasy ne è penalizzato in particolar modo. Fantasy= robastra per bambini. Che sia adult, che sia young o middle-age (lanciamo una nuova moda!). Questo perché viene spesso confuso con le fiabe. Roba inventata? Letteratura d’evasione. Romanzucolo con storie banali ma reali? Opera letteraria dell’anno!

  5. Guarda Luca, non ho mai nascosto le mie perplessità riguardo l’abuso di etichette, soprattutto da autore. Che non vuol dire non sapere fornire aggettivi per quel che si scrive (aggettivi capaci di qualificarlo in maniera oggettiva, s’intende), bensì non mettersi a fare marketing anzitempo. Finora ho scritto ciò che m’andava di scrivere. Domani non so, non ho la presunzione di leggere il futuro. Di certo trovo che una cosa sia fare lo scrittore, un’altra il mestierante di scrittura. Due attività entrambe degne di rispetto, purché si sia onesti con se stessi e possibilmente con gli altri.
    Tra le varie etichette, ‘young adult’ è una di quelle cui fatico più a prendere le misure. Hanno provato a spiegarmi come fosse cosa diversa da “da ragazzi” ma, problema evidentemente mio, non ho afferrato. Se poi additittura un editore come Piemme ci apre una collana…
    Cos’è ‘young’, cosa ‘adult’, ti chiedi giustamene tu. A volte è più semplice comprenderlo, altre volte meno. In tutti i casi, comunque, si rivela stupido sperare di tracciare confini esatti. Da autore, io vedo due soluzione d’opera: in un caso scrivi senza vincoli, nell’altro attagli il lavoro (storia, personaggi, stile, temi) a un determinato target. Nulla di male in entrambi gli approcci. Tuttavia, nel secondo caso, non ci si lamenti se la propria opera è giudicata esattamente quel che è nata per essere (a maggior ragione se da questo ne è dipeso il successo). Non il tuo caso comunque, avevo inteso bene. 😉
    Il fantasy non è l’unico genere a prestarsi all’evasione. Ogni romanzo, dopotutto, ci offre pagine fitte di parole in cui sprofondare e dunque evadere. Alcuni fantasy sono di pura evasione, non c’è dubbio e non c’è nulla di male nemmeno in cio’, purché svolgano bene il compito. Ma non tutti. Ma non per forza. E’ questa la vera gabbia di genere cui dobbiamo sfuggire. Nel decidermi a scrivere un romanzo, io sono partito prima dalle sensazione che volevo trasfonderci. Pian piano, nella mia mente esse hanno preso la forma di personaggi atti a comunicarle. La scelta del genere è venuta dopo. Prima o dopo, tuttavia, nemmeno questo conta. Quel che voglio dire è che non è nel fantasy o nell’horror o nel rosa che s’annida il nocciolo della questione. Il genere è funzionale all’opera, non viceversa.
    Per questo motivo trovo che la maggior parte dei pregiudizi sul fantasy non ha motivo d’esistere.

    PS: ho visto che ci sei anche tu a Lucca. Mi fa piacere. 🙂

    IO definisco Lothar un romanzo per adulti…

  6. Ehm, l’ultima frase dopo il PS è un residuo di copia&incolla, parte di una precisazione ulteriore alla faccenda di cosa è cosa e di come le definizioni siano facilmente personali e più difficilmente formalizzabili. L’avevo eliminato perché speravo si capisse già così com’era scritto, senza bisogno d’ulteriori esempi. 😉

  7. In effetti un nostro romanzo, che consideriamo per adulti, può essere tranquillamente recepito come “per ragazzi”. Ognuno ha criteri diversi, appunto ^^

    PS: Sì, dovrei esserci per tutta la durata (credo). La presentazione però è il primo novembre! Di sicuro ci incontreremo =)

  8. Il razzismo letterario nasce da lontano: i Greci erano maestri in filosofia e retorica, i Latini hanno inventato il diritto e noi, che siamo culturalmente discendenti dai classici attribuiamo ai miti un valore minore. Negli anni passati, e mi riferisco a qualche decennio fa, la sinistra italiana spregiava la letteratura fantastica in maniera preconcetta: Tolkien era considerato un autore conservatore il quale è divenuto, suo malgrado, paladino di una certa destra priva di forti riferimenti culturali. (De Turris, insomma, ha un suo perché).
    Ora il panorama italiano è pieno di autori fantasy, consapevoli di quello che stanno scrivendo, con un retroterra fantasy, ma che non attecchiscono tra un pubblico che non ha mai letto nulla legato al fantastico e a una pletora di nuovi autori frutto della moda del momento che temo, per la maggior parte spariranno. La cosa abbastanza ridicola è che, per esempio, un Manfredi non è molto dissimile da Turtledove, ma il primo gode di un aura di plausibilità del tutto immeritata, e oltretutto non vuole assolutamente che lo si tacci come autore fantasy, il secondo scrive cose ben migliori, ma la fantasy storica e l’ucronia vengono accomapagnate spesso dalle risate dei soloni…
    Abbiamo poi una Licia Trosi che scrive romanzi emo utilizzando il fantasy come mero contesto e un GL d’Andrea che in una intervista ammette di disprezzare il fantasy pretendendo di scrivere altro (???).
    Insomma, certo le case editrici hanno le loro colpe, ma a loro non importa far crescere un genere o accreditare nuovi autori: loro si sono resi conto che per sfondare bisogna puntare su un pubblico generalista e non di genere e non c’è pubblico migliore di quello minorenne per far questo.

  9. Stefano, in parte condivido le tue riflessioni. Se la situazione italiana è questa, la colpa è di tutti. E’ colpa dei librai che sono “incapaci” di consigliare gli acquirenti; delle case editrici che pretendono poco; dei lettori che seguono le mode del momento; degli scrittori che si accontentano della sufficienza.

    Un circolo vizioso che non potrà sparire dall’oggi al domani. Ma il razzismo letterario è una cosa ben diversa, una cosa che – come hai ben detto – ha radici lontane. Tutti abbiamo pregiudizi su qualcosa, io ad esempio non riesco a considerare la narrativa “hardcore” un genere di tutto rispetto, perché abbastanza superficiale e priva di spunti interessanti. Però non la chiamo immondizia, come fanno altri.

    La cosa che però mi ha sorpreso, parlando con la mia editor, è che il mio romanzo sia stato acquistato in larga parte da un pubblico adulto (sopra i 25 anni per intenderci). La cosa è strana perché il target era ben diverso, e invece pare che le cose siano andate così. Questo per fare un esempio concreto. Cosa vuol dire? Che i giovani continueranno sempre a preferire altro, com’è giusto che sia. Io stesso da ragazzino leggevo romanzi che ora mi fanno ridere. L’importante è acquistare consapevolezza col tempo e non disprezzare a caso.

    Certo, se poi gli stessi giornalisti – che sulla carta dovrebbero avere una buona conoscenza della narrativa contemporanea e non – iniziano ad attaccare il fantasy, stiamo messi proprio male!

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