Recensione: Blood Canticle

bloodBlood (titolo originale Blood Canticle) è il decimo e ultimo romanzo de Le Cronache dei Vampiri. Edito negli Usa nel 2003, è stato pubblicato in Italia il 18 febbraio 2010 dalla Longanesi.
Le vicende riprendono da dove si sono interrotte ne Il Vampiro di Blackwood. Mona Mayfair è gravemente malata e Quinn cerca di trasformarla in un vampiro, per salvarle la vita. Ma Lestat interviene, infondendole il suo sangue. Spiegherà che è il solo modo che ha per salvare la loro relazione, dal momento che tra un vampiro e il suo creatore, col tempo, sorgono sempre ostilità, prima o poi.
La storia continua con Rowan Mayfair, la capofamiglia (nonché protagonista della saga delle Streghe Mayfair) che chiede spiegazioni. La riapparizione di Mona infatti, perfettamente sana e dall’aspetto inumano, ha del miracoloso; ma Rowan, donna di scienza, non crede nei miracoli.
Col passare del tempo Lestat inizierà a interessarsi alla donna, dapprima per pura e semplice curiosità – per il suo potere in particolar modo, quello di uccidere col pensiero – poi per amore, un sentimento che il vampiro ama spesso ostentare ma che non ha mai provato davvero.
Ma è anche il mistero a incuriosire il “principino viziato”. La famiglia Mayfair ha infatti molti più segreti di quanti ne lasci intendere: una stirpe immortale, i Taltos, venuti alla luce dopo secoli di incesti e di relazioni tra consanguinei. Un piano diabolico che risale a secoli prima, all’anno di nascita del clan Mayfair.
Il segreto dei Taltos porterà Lestat, Mona e Quinn a scavare nel passato della famiglia, a viaggiare per dare finalmente un senso a ciò che sta accadendo.

Il tema del romanzo è la redenzione, come afferma lo stesso Lestat dopo appena una manciata di pagine:

Acquisii la consapevolezza, brusca e severa, che mi fossero state concesse così tante chance di salvarmi l’anima che la mia intera esistenza era stata edificata intorno ad esse! Era quella la mia natura: passare di tentazione in tentazione, non per peccare ma per essere redento.

“Può un vampiro diventare un santo?” si può leggere sulla copertina del romanzo. Probabilmente sì. Lestat è ossessionato da questa idea, come ripete sin dall’inizio. Cerca disperatamente di controllarsi, di essere amato nonostante le tenebre che cela nel cuore.
Il titolo originale del romanzo, Blood Canticle, è indicativo in questo senso – sebbene in italiano sia stata eliminata, senza alcun motivo, la parola Canticle; il riferimento al Cantico delle Creature di San Francesco è più che evidente.
Qui si parla però di un Cantico di Sangue e mai come in questo libro la parola Sangue, con la “S” maiuscola, è stata così presente. Lestat parla in continuazione dei Figli del Sangue, del Sangue Riparatore, del Sangue Tenebroso, con cui egli stesso riesce a operare miracoli.
Prima con Louis e Claudia, poi con Mona. Tre suoi figli, così diversi ma anche così simili:

Il sangue che insegna la vita non insegna menzogne, e l’amore diventa il mio rimprovero, il mio stimolo, il mio canto
.

Con queste parole si conclude il romanzo, con un Lestat disperato, che ha dovuto rifiutare la richiesta di Rowan di diventare un’immortale. Prova nei suoi confronti un amore così intenso da volerne preservare l’essenza, radicata nella natura umana di lei, così simile alle tenebre che egli cela nel cuore.
Tenebre che li legano entrambi al passato. Il passato dell’uno, fatto di estasi e appagamento, di sofferenza e indicibili pene e il passato dell’altra, fatto di dolore e solitudine, di miseria e strazio.
Rowan è forse uno dei personaggi più complessi di Anne Rice. Lestat si riferisce a lei come a una Dea, un essere imperscrutabile, dominata da una tale freddezza e cinismo da non poter essere considerata pienamente umana.
E’ questo ad attrarlo e a respingerlo al tempo stesso.
San Lestat, arriverà a definirsi il “principino viziato”. E forse, considerate le sue ultime azioni, un vampiro può davvero diventare un santo.

Questo è quello che ho riportato nella tesi, parte di un discorso più complesso. Non nascondo di provare tristezza. L’ultimo romanzo de Le Cronache dei Vampiri, l’ultimo grido di Lestat – o meglio, San Lestat. Una saga che merita di essere letta più e più volte!

Voto: 10/10

11 Comments

  1. Ti dirò (e so che mi lapiderai per quello che sto per dirti) che ho amato davvero molto i tre volumi sulle streghe Mayfair ma che, pur trovandolo bello, non ho amato particolarmente intervista col vampiro, motivo per cui poi non ho più continuato le cronache dei vampiri.
    Ora, questa tua recensione mi ha fatto venire vogli di riprendere il tutto in mano… il mio scopo è quello di arrivare all’unione tra i vampiri e le streghe…
    Vedo di leggere Scelti dalle tenebre quanto prima.
    Ciauz!

  2. E invece ti capisco! =P
    “Intervista col Vampiro” è l’unico romanzo che stona col resto della saga. E’ il primo della Rice, quindi oltre ad uno stile acerbo, troviamo anche alcuni difetti nella caratterizzazione dei personaggi. Prova con “Scelti dalle Tenebre” e con “La regina dei Dannati”! Da qui decidi poi se continuare o fermarti =)

  3. Che strano pensare che questo sia davvero l’ultimo romanzo della serie…però, ripensando a tutta la storia di Lestat, sin dalla sua infanzia, non posso che pensare che vi sia una profonda coerenza di fondo nonostante i continui “capricci” del protagonista. Commovente, nel modo unico con cui questa parola può essere intesa parlando delle opere di Anne Rice.
    Piccola curiosità: questo romanzo quando l’ha scritto? Qualche anno fa avevo letto che desiderava scrivere solo su Gesù Cristo, e che avrebbe accantonato la saga dei vampiri. Tra l’altro, chissà se mai arriveranno in traduzione i primi due romanzi sulla vita di Gesù e “Vittorio the Vampire”.
    Bella recensione, complimenti 🙂

  4. Ciao Narelen!

    Allora, il romanzo è del 2002, l’ultimo che ha scritto sui vampiri. Ha poi pubblicato la trilogia di Gesù Cristo, una biografia (Called out of darkness) e un romanzo sugli angeli chiamato Angel Time. Quest’ultimo è un urban fantasy, forse il primo di una serie *_*

  5. Non l’ho ancora commentato sul mio blog perchè volevo pensarci più a mente fredda per non scrivere cose di cui poi mi sarei pentita. Ciò che mi è rimasto dentro dopo questa lettura è prima di tutto una certezza: la Rice è la regina indiscussa del genere vampiri. Non si è fossilizzata, nè si è semplificata o ripetuta, no si è sempre più evoluta, come se dal basso libro dopo libro abbia salito una lunga scala fino al paradiso. E naturalmente Lestat, bè, lui è un personaggiò così potente, da farmi pensare che per la scrittrice controllarlo non deve esere stato per nulla semplice. Eppure mi aspettavo un finale diverso. Sono banale vero? Non so, volevo che Lest raggiungesse un obbiettivo concreto dopotutto ciò che aveva passato basta una rinuncia per quanto enorme per renderlo buono, quando poi bontà e santità, come possono essere quantificate? Essere altristi significa essere buoni? Ma allora essere altruisti e buoni per essere santi, non è in fondo una forma di egoismo? E scegliere di non fare ciò che Rowan vuole non è anche quella un aforma di egoismo? Lestat in fondo è veramente cambiato o è solo superficie? Ma poi è possibile cambiare? Forse se avesse rasformato Rowan per poi farsi prosciugare dalei…..quello srebbe stato un vero sacrificio?….non so

  6. Sì, anche io non ho apprezzato del tutto il finale “congelato”. Ogni cosa resta immobile, non c’è nessun avanzamento. Pensa che fino alla fine ero convinto che Lestat chiedesse a Rowan di ucciderlo! Dopotutto è praticamente invincibile, mentre le streghe hanno un potere che va al di là della sua comprensione. Sarebbe stato un finale bellissimo e avrebbe inoltre giustificato ancora di più il crossover con la saga Mayfair.
    Un’occasione mancata, secondo me, ma che la dice lunga sull’imprevedibilità di questa autrice!

  7. concordo in pieno anche io nel finale avrei visto bene la morte di Lestat, ci stava proprio bene, anche con il fatto della santificazione che di solito avviene dopo la morte….ed invece ci ha sorpresi ancora

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