Ridare un senso

Qualcuno mi ha fatto notare che dovrei prestare maggiore attenzione a questo blog. Che dovrei curarlo di più, ridargli quella voce che sembra aver perso. Questo qualcuno ha ragione. Negli ultimi mesi ho un po’ dimenticato il suono della voce di questo piccolo angolo virtuale. Un luogo in cui sfogarsi, in cui condividere notizie piacevoli (ma anche meno piacevoli), in cui scrivere recensioni e chiedere pareri.

Si è trasformato in una semplice vetrina, con news sui romanzi e informazioni generali su presentazioni e date. Il senso è stato perso. Vorrei quindi condividere con voi l’articolo di un amico. Un autore:

«Voglio trovare un senso a questa condizione
Anche se questa condizione un senso non ce l’ha.»

Vasco Rossi, una canzone che da giorni continua a ronzarmi in testa. Perché la verità, diciamolo pure, è che questa condizione è davvero incasinata. Priva di senso, per dirla come lo direbbe lui. Si legge. Si scrive. Si pubblica. Ma per ogni romanzo pubblicato ce ne sono dieci che restano sepolti, nascosti in qualche cartella del computer dove ogni tanto si clicca sbadatamente. E per caso si riprendono tra le mani quei manoscritti dimenticati che non vedranno mai la luce.
Perché l’editoria è un business alla fine e poco importa se tu hai trovato una chiave di lettura originale a una tematica bistrattata. Resta pur sempre una tematica bistrattata e come tale abusata. E abusato, nella migliore delle ipotesi, comporta una pubblicazione “di cortesia”, senza troppa pubblicità o fronzoli.
Un tempo scrivere non era considerato un lavoro ma neppure un semplice hobby. Dava di che vivere, permetteva di dedicarsi solamente alla parola, alla lettura, alla ricerca del bello. Ora, però, i tempi sono cambiati. Scrittura equivale ad ornamento, ad accessorio, a quel qualcosa che non permette di pagare le bollette ma che fa tanto figo (nella peggiore delle ipotesi) o maledetto (nella migliore). Scrittura è business, come dicevo, lo dimostrano le decine di agenti letterari che snobbano gli autori promettenti a favore di quelli di impatto (dove “impatto” sta per “scabroso o macabro o raccomandato o ghost writer”. Non c’è più un senso. Il senso si è perso per strada.

E io non potrei essere più d’accordo.

1 Comment

  1. Ciao Luca! Sono cntento k riprendi a postare sul blog! Ma k è l’autore k ha scritto quelle parole?? Secondo me ha ragione!! Oramai i libri sembrano tutti uguali. Il tuo ultimo romanzo è stato una boccata d’aria fresca!

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