Recensione: Il Diavolo Veste Prada

idvprada“Vestiti di lusso, feste esclusive, cascate di flash e fiumi di champagne. Chi rifiuterebbe un lavoro nel mondo dorato delle riviste di moda? A ventitrè anni, con una laurea in lettere in tasca e in testa il sogno di diventare scrittrice, Andrea Sachs si presenta a un colloquio per un posto da assistente nella redazione di “Runaway”. Nessuno osa dire di no a Miranda Priestley, la regina indiscussa del fashion system globale e Andrea non fa eccezione. Accantonati felpe, blue-jeans e ambizioni letterarie, si ritrova a completa disposizione della mitica, esigentissima Direttrice. Eccessi e protagonisti di un universo dal fascino indiscusso nel racconto romanzato delle esperienze dell’autrice al servizio di Anna Wintour, direttrice di Vogue America.”

Con questo romanzo ho scoperto l’esistenza del cosiddetto filone Chick Lit. Trattasi di un genere nato negli anni novanta, con alcune “regole” fisse: protagonista femminile carismatica – anche se ci sono alcuni esempi di romanzi Chick Lit con protagonisti maschili -, ambientazione rigorosamente urbana e tanta, ma proprio tanta, spensieratezza. E infatti la parola chiave è: spensieratezza. Il lettore deve sapere a cosa va incontro leggendo un romanzo Chick Lit, non può e non deve aspettarsi tematiche profonde o spunti di riflessione particolarmente impegnativi. Un’altra cosa importante, da non sottovalutare, è lo stile. Deve essere fresco, vivace, pulsante, mai troppo pesante, mai troppo descrittivo, ma frizzante.

Il “Diavolo veste Prada” non fa eccezione, sebbene abbia rivoluzionato il genere Chick Lit così come la Regina – leggasi Anne Rice – rivoluzionò a suo tempo il filone gotico. A parer mio questo romanzo è il miglior modo per approcciare il genere. Oltre a conformarsi perfettamente ai suoi predecessori, con uno stile rapido e fluido, non annoia il lettore, ma lo spinge anzi a continuare la lettura. Di tanto in tanto fanno capolino i dovuti intermezzi “lenti” per così dire, ma non sono mai troppo pesanti, ben supportati dalla narrazione.

La storia oramai la conoscono pure i muri, ma in molti punti è diversa da quella dell’omonimo film. Oltre a fornire una migliore descrizione psicologica della protagonista – con i suoi vizi, il fumo, le sue crisi isteriche e la sua situazione familiare e sentimentale – ha una trama più semplice per certi versi, meno dispersiva. Tutto gira attorno ad Andrea, al suo senso di inadeguatezza, al suo graduale distacco dagli amici per favorire la sua crescita professionale. Ma i suoi stessi amici vengono descritti minuziosamente, non rimangono mere macchiette sullo sfondo Manhattanian-Chic come nel film. Senza contare poi le differenze: nel romanzo Alex è un insegnante e nel film, oltre a chiamarsi Nate, un cuoco. Sempre nel romanzo, Lily è una studentessa con problemi di alcolismo, nel film dirige una galleria d’arte. Ci sono anche differenze più sottili, minuzie che però danno una percezione diversa della storia.

La cosa in cui eccelle il film è la caratterizzazione di Miranda. La superba Meryl Streep riesce a mostrare punti di forza e debolezze del suo personaggio, grazie anche ad una sceneggiatura che rivela squarci della sua vita personale e familiare, in netta contrapposizione con l’immagine della donna forte, risoluta, capricciosa e viziata che spadroneggia nella redazione di “Runway”.

Quindi, che dire? Consiglio a questo romanzo a quanti vogliono passare qualche piacevole ora senza grilli per la testa. Non nascondo che, sebbene il romanzo sia distante anni luce da quelli che sono i miei gusti, mi sono fatto più di una risata. Penso che d’ora in avanti alternerò le mie solite letture con un romanzo Chick Lit, specie dopo i mattoni di Larsson che sono sì stupendi ma altresì spossanti. Non so se capita anche a voi, ma io non riesco a “vivere una storia” per più di una settimana. Come si dice, il troppo storpia. C’è sempre il rischio di non gustarsi più una bella storia solo perché non si è letto altro per mesi. Ben vengano quindi le alternative.

Voto: 8/10

7 Comments

  1. Credici o no ma forse sono l’ unica a questo mondo (includendo anche i muri) che non conosce la trama di questo libro e che non vuole conoscerla XD

  2. Ma no! XD Persino io la conoscevo, senza aver visto il film né aver letto il romanzo. Ne parlavano ovunque! Anche perché la trama, checché se ne dica, è molto originale; ripeto, sempre se inquadrata nel genere. Se messo in relazione a tutti gli altri romanzi di tutti gli altri generi, probabilmente non occuperebbe una posizione alta. Ma per fortuna non è necessario farlo ^^

  3. Nemmeno a me interessa il genere chick lit, però questo romanzo mi piacque moltissimo, e lo lessi prima che esplodesse come caso editoriale e ci facessero il film, che per altro ho gradito un sacco nonostante le differenze.
    Preferisco il libro. Leggero, divertente, mostra un aspetto del mondo della moda che si conosceva poco. Eppoi Miranda Pristley con le sue manie, la sua boria, la sua arroganza, è un mito! Una cattiva perfetta e credibilissima, che poi è la copia di Anne Wintour, il redattore capo di Vogue, a cui l’autrice si è ispirata per la storia.

  4. Confermo: Miranda Pristley è un personaggio geniale. Forse proprio perché ispirato al redattore capo di Vogue, sebbene l’autrice del romanzo continui a negarlo – non le crede nessuno!

    PS: Stefano, tu hai letto anche gli altri due romanzi dell’autrice? Perché mi ispirano molto. Come hai ben detto, lo stile di Lauren Weisberger è molto leggero, ideale per spezzare un po’.

  5. Io ho letto i primi due romanzi della Weisberger, tra pochi giorni inizierò il terzo. Posso dirti che ‘Al diavolo piace dolce’ non è assolutamente al livello de ‘Il diavolo veste Prada’, è molto più fiacco, anche se la storia è comunque bella.

  6. Sono troppo curioso! Credo che almeno “Al Diavolo piace Dolce” (ma Dolce come D&G?) proverò a leggerlo, anche perché si trova in edizione economica =P

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