Lo Stile di una Storia

Ricordo ancora una domanda che mi venne rivolta alla mia prima presentazione: “credi di aver già trovato il tuo stile”?
Ingenuamente risposi di sì. Ero convinto che il mio stile si fosse già più o meno formato; certo, si sarebbe evoluto col tempo, ma alcune caratteristiche sarebbero rimaste invariate.
Mi sbagliavo.
La verità è che quando si scrive una storia bisogna tener conto dello stile. Lo stile cambia, si evolve a seconda delle tematiche trattate, a seconda dei personaggi di riferimento.

In questi giorni sto terminando un romanzo, che chiameremo “Contessa”. E’ una storia non fantasy, ambientata nel mondo della musica. Il personaggio principale è una ragazza, quindi difficile da gestire. Cerco sempre di mettermi nei suoi panni, di vedere le cose con i suoi occhi, di anticipare quelle che saranno le sue azioni. E posso affermare con una certa sicurezza che la protagonista è reale. Condivido con lei molte debolezze, ma anche molti punti di forza. Una sorta di controparte femminile, che amo e odio; alcune volte vorrei strozzarla, altre poterle poggiare una mano sulla spalla e confortarla. Perché commette i miei stessi errori, si rapporta agli altri in modo strano.

Sono alle battute finali, eppure sono in ansia. Ogni parola è come un macigno, un dissotterrare cose che preferirei tenere nascoste; ma è necessario ai fini della storia. Una specie di espiazione, se capite cosa intendo. Mi è capitato anche con Lenth, ma mai in questo modo. Vuol dire forse che sto crescendo, che sto finalmente creando dei personaggi veri? O forse che sto mettendo troppo di me nei loro caratteri?

Non lo so. Davvero, non riesco a trovare una risposta. Quando scrivo non penso al target, ma questo romanzo dovrebbe rivolgersi in particolar modo agli adolescenti. Parla di loro e deve quindi rivolgersi a loro prima di tutto. Però alcune riflessioni vanno al di là dell’età, sono talmente personali da imbarazzarmi. Immaginare quindi di condividere questi pensieri con altri è strano. Provo ad anticipare le reazioni, ma non è possibile.

Ogni tasto pigiato è come una stilettata. Un “collega” mi ha detto che è normale, che è giusto così. Le sue parole esatte sono state “era ora che capitasse anche a te”. Ho cominciato a scrivere la “Contessa” nel 2006; da allora ho aggiunto cinque, sei capitoli ogni anno, non di più. E adesso sto per aggiungere la parola “fine”. Una fine dolce e amara al contempo, la conclusione di tante e tante riflessioni del passato.

Oscar Wilde diceva:

“La letteratura è sempre il precursore della vita. Essa non imita la vita, ma la plasma ai suoi fini.”

Be’, spero di esserci riuscito.

16 Comments

  1. mamma, questo romanzo (anche se sono completamente fuori targhet ^_^’) mi incuriosisce moltissimo. Leggendo questo post sì, si ha l’impressione che tu abbia messo molto di te in questo libro (per come ne parli). che dire? tanta fortuna… per questo romanzo e per quelli fantasy (che abbiano fatine e draghetti o meno XD) che tu dovrai continuare a scrivere 😀

  2. Credo che il “collega” avesse ragione….. credo che quando i personaggi ti entrano nel cuore, quando li senti davvero vivi allora vuole dire che hai fatto un ottimo lavoro…..penso che quando entri in sintonia con essi lo faranno anche i lettori, magari non proveranno le stesse emozioni che provi tu, ma proveranno emozioni ed è questo che conta ^^
    Per quanto riguarda il mettere se stessi dentro i personaggi una volta l’immenso “Akira Toriyama” disse che quando l’autore mette troppi tratti di sé nei personaggi l’opera perde di purezza, ma in parte mi sento di dissentire perchè un personaggio per essere vivo deve avere tutte le caratteristiche che lo rendono tale, certo non li si può creare ad immagine e somiglianza propria ma mettere un po’ di sé rende tutto migliore…… questo è quello che penso io, spero che il grande akira non mandi Vegeta a punirmi per queste parole ^^

  3. iri, secondo me il target è solo indicativo 😉
    Spero di riuscire a consegnarlo tra qualche giorno, ma è davvero dura. Scavare nel passato non è una cosa semplice da gestire, sto ripensando a cose non proprio piacevoli. Qualche fatina ci starebbe proprio bene!

  4. Agente Smith, è vero, mettere se stessi in un personaggio lo rende reale. Ma è anche vero che lo scrittore poi si trova faccia a faccia con i suoi difetti. Come dicevo, c’è un rapporto di amore e odio. Ma è anche frustrante, perché non si può impedire al personaggio di fare quegli stessi errori: è vivo e ha un suo cervello.

  5. Vero anche nel mio romanzo il protagonista non è certo un eroe senza macchia e farà molti degli errori da me commessi….. avrà molti dei miei difetti e vivrà situazioni imbarazzanti da me provate, questo so che è spaventoso per certi versi, non si vorrebbe che degli “estranei” ci vedessero come realmente siamo e scoprissero le nostre più segrete debolezze, questo accade spesso quando si scrivono poesie ad esempio, io credo che questa forma d’arte sia quella che mette più a nudo di tutte l’autore ma ti devo dire che le poesie in cui ho messo tutto me stesso, comprese paure, debolezze ecc.. sono quelle che sono piaciute di più……io preferisco vedere un personaggio che ha difetti che uno prefetto e irreale, so bene come ti senti, anche per me far leggere le mie poesie ad “estranei” è stato all’inizio traumatizzante quasi come se leggendole mi potessero vedere dentro ma chi ha orecchie per intendere apprezzerà la tua opera proprio perché i personaggi sembrano uscire dalle pagine e ti rispetteranno ancor più perché hai avuto il coraggio di metterti in gioco……..chi invece vive solo per giudicare non deve essere ascoltato ^^ questo è ciò che penso ^^ spero che tu finisca la tua opera nel migliore dei modi ^^

  6. Nel mio caso si parla di canzoni più che di poesie, ma il succo è lo stesso. Le canzoni – quelle vere – alla fine sono poesie, no? Senza contare che rappresentano la parte più intima dell’intera romanzo, che ho condiviso solo con poche persone.

    Ma la cosa bella delle poesie/canzoni è che non tutti riescono a coglierne la bellezza. I più superficiali si accontenteranno delle rime o della melodia, in pochi scorgeranno l’autore nascosto tra le righe. =)

  7. Esatto 🙂 solo pochi sono in grado di apprezzare le poesie o le canzoni,questo non perchè non ne siano realmente capaci me perchè si avvicinano ad esse con superficialità, ecco perchè oltre ai giurati dei concorsi o a pochi “eletti” le mie poesie restano occulte ai più ma è questo il bello di queste cose, il fatto che in pochi colgono il vero senso le rende speciali ^^

  8. Il fatto è che per trasmettere emozioni, secondo me, devi sentirle… che ti appartengano(o ti siano appartenute) o che, soltanto(ma non è poco!), tu ti sia immedesimato nella narrazione per raccontare meglio, che tu parli di te o no, non importa.
    😉

  9. @miki: vero. In questo il fantasy è un tantino limitante, perché molte esperienze, per forza di cose, non le abbiamo mai vissute davvero! ^^

    @Lauryn: =D

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